Giusy Scaringi
Ma allora il problema è la grammatica... o il pregiudizio?
Spoiler: la grammatica non ha colpe. Il linguaggio riflette la società e può anche cambiarla.
È partendo da questa consapevolezza che ART-ER ha adottato le Linee Guida sul Linguaggio di Genere, considerate tra le buone pratiche del Gender Map, per promuovere un modo di comunicare inclusivo, equo e rappresentativo. Dal modo in cui salutiamo, ai documenti ufficiali, passando per le immagini e i titoli professionali: ogni parola, ogni messaggio può escludere o includere.Nella lingua italiana il neutro non esiste, e il maschile sovraesteso ha dominato per secoli. Ma davvero rappresenta tutte e tutti?
Parole come ministra, sindaca, ingegnera, architetta sono corrette secondo le regole della grammatica. Eppure spesso vengono giudicate “cacofoniche” o “innaturali”.
La linguista Vera Gheno, da anni impegnata nella divulgazione su lingua e inclusione, ci ricorda che: “quando un femminile ‘suona male’, il problema non è nella parola, ma nella nostra percezione culturale. È lì che abita il sessismo, non nella grammatica.”
Nessuno trova strano parlare di un ostetrico o di un parrucchiere, ruoli un tempo quasi esclusivamente femminili. Allora perché dovremmo esitare a usare avvocata o ingegnera?
La lingua evolve con chi la usa. Se una parola fa discutere, forse è proprio quella che dobbiamo usare di più.
E tu? Hai incontrato esempi virtuosi di comunicazione inclusiva nel tuo ambiente di lavoro, studio o nella vita quotidiana?
Segnalali su GendER Map! Ogni buona pratica contribuisce a costruire una mappa più ricca di esperienze, strumenti e soluzioni concrete per una comunicazione più equa.
Il linguaggio crea realtà. Aiutaci a raccontare e valorizzare chi la sta già cambiando.
Scopri la mappa, contribuisci, condividi. Insieme possiamo fare la differenza!
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